
Dal delta del Po, alcuni cervi della Mesola traslocano in Calabria. Hanno caratteristiche uniche nel mondo e la creazione di un secondo nucleo migliora le possibilità di conservazione. I primi 20 animali hanno raggiunto il Parco naturale regionale delle Serre, fra l’Aspromonte e la Sila, e le riserve naturali circostanti; altri 40 li seguiranno nei prossimi due anni. Il grosso dei cervi resterà nel bosco del quale portano il nome e che è situato fra il Po di Goro e il Po di Volano. Si stima che ci siano appena 300 esemplari.
Il trasloco si rifà al principio in base al quale non bisogna mettere tutte le uova nella medesima cesta. Questi cervi diversi da tutti gli altri sarebbero persi per sempre se al bosco della Mesola accadesse qualcosa di grave. Basterebbe anche solo una letale malattia infettiva.
Il nome scientifico dei cervi della Mesola, detti anche cervi italici e cervi delle dune, è Cervus elaphus italicus. Si tratta della sottospecie che in tempi remoti popolava l’intera Italia peninsulare e che è stata spazzata via dalla caccia e dalla trasformazione dell’ambiente: è riuscita a sopravvivere solo in quel frammento di bosco nel delta del Po. Poi in Italia sono tornati, o sono stati reimmessi, cervi provenienti dall’Europa centrale. I naturalisti li chiamano Cervus elaphus elaphus.
Di conseguenza, i cervi della Mesola sono come l’orso marsicano. Gli orsi bruni che vivono sulle Alpi e in varie zone dell’Europa sono Ursus arctos arctos, ma una piccola area degli Appennini ospita una sottospecie che non è presente in nessuna altra parte del mondo, l’Ursus arctos marsicanus, e si fa di tutto per proteggerla.
L’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, nel 2010 ha dedicato al cervi della Mesola una pubblicazione che ha sancito le loro peculiarità e la necessità di salvaguardarli portandone alcuni altrove.
Oltre a ripercorrere le ricerche dei primi anni di questo XXI secolo che hanno evidenziato l’unicità dei cervi della Mesola dal punto di vista genetico, la pubblicazione dell’Ispra nota che la differenza si vede anche ad occhio nudo. In particolare, basta guardare le dimensioni e i palchi dei maschi: le corna, nel linguaggio comune. Nei cervi della Mesola, i palchi hanno una struttura più semplice e un numero minore di punte rispetto ai cervi centroeuropei. I cervi della Mesola sono anche più piccoli e più leggeri, come si addice a chi vive in un ambiente povero di risorse. Infine le femmine hanno una taglia solo leggermente inferiore a quella dei maschi, mentre fra i cervi centroeuropei la differenza è più marcata.
La galleria qui sotto mette in evidenza le differenze fra i cervi della Mesola, ai quali sono dedicate le prime quattro immagini tratte da iNaturalist, ed i cervi dell’Europa centrale. Un maschio ed alcune femmine compaiono nell’ultima foto, da Flickr: sono evidenti sia i palchi del maschio, ben più ramificati rispetto a quelli dei “cugini” padani, sia la mole contenuta delle cerve. Il colore non c’entra: il mantello è grigiastro in inverno e rossiccio in estate.
Il bosco della Mesola è situato in provincia di Ferrara, nella parte meridionale del delta del Po, ed è compreso nell’omonimo parco. Costituisce uno dei pochissimi lembi di foresta conservatasi in Pianura Padana. Un altro è il Bosco della Partecipanza che si trova in Piemonte. Per i cervi, il bosco della Mesola è stato una vera scialuppa di salvataggio. Infatti è probabilmente rimasto per lungo tempo circondato dall’acqua, e quindi difficilmente raggiungibile: su tre lati aveva pianure malariche; sull’altro, il mare.
Ora i 20 cervi della Mesola che hanno fatto trasloco in Calabria si trovano in un ambiente ben diverso. Infatti non era neanche stato preso in considerazione quando l’Ispra, nel 2010, aveva sancito la necessità di salvaguardarli trasferendone una parte altrove. All’epoca si citavano ad esempio i parchi del Ticino, del Circeo, di Bracciano. Ma non se n’è fatto niente.
Il Parco naturale regionale delle Serre si trova nel cuore delle montagne calabresi e a debita distanza da altre popolazioni di cervi, così da rendere impossibili le ibridazioni. Sette maschi e 13 femmine provenienti dal delta del Po sono stati liberati vicino a Fernandea. Si tratta della località in cui, fra abeti e faggi secolari, sorgono un casino di caccia dei Borbone e uno stabilimento metallurgico coevo. E c’è già chi brontola, temendo che i cervi si moltiplichino e danneggino i coltivi.