
Le condizioni del Po sono peggiori rispetto al marzo 2022: e già allora erano molto gravi. La portata del fiume è uguale o inferiore ad un anno fa e una prospettiva ancor più nera emerge dal rapporto sulla siccità appena pubblicato dalle istituzioni scientifiche che fanno capo alla Commissione Europea: sulle Alpi c’è addirittura meno neve che nel 2022. Dalla neve che si fonde dipende la quantità di acqua che arriverà nel fiume.
Qualcuno vuol prendersi la responsabilità di dire agli agricoltori che quest’anno seminare mais – ha un gran bisogno di irrigazione – non sembrerebbe una buona idea?
Il rapporto Ue sulla siccità si intitola “Drought in Europe” ed è aggiornato ai dati di febbraio: le modeste precipitazioni delle ultime settimane non hanno certo invertito la tendenza. Descrive una situazione drammatica in varie aree dell’Europa, fra cui l’Italia settentrionale. Le previsioni sulle precipitazioni dei prossimi mesi, dice, sono caratterizzate da un alto grado di incertezza e di variabilità spaziale. Tuttavia, almeno per quanto riguarda il Po, il rapporto consente di farsi un’idea degli sviluppi futuri attraverso le informazioni sulla copertura nevosa delle Alpi.
All’inizio della scorsa estate, il Po era ridotto a un torrente a causa della pochissima neve caduta in inverno sulle Alpi. Quest’anno il manto nevoso è ancor più ridotto.
Il grafico qui sotto, da “Drought in Europe”, descrive la neve sulle Alpi italiane. L’asfittica linea rossa rappresenta il 2023; quella tratteggiata, il 2022. L’area grigia si riferisce alla situazione 2011-2021.
Sempre da “Drought in Europe”, la cartina qui sotto qui sotto mostra la distribuzione spaziale del deficit di neve sulle Alpi italiane. Il rosso rappresenta un deficit superiore al 60%; l’arancio, un deficit compreso fra il 20% e il 60%. Manca in questo caso il confronto con il 2022.
Le due immagini non forniscono le informazioni relative alla Svizzera italiana: Il Ticino, che attraversa l’omonimo cantone, è un grande affluente del Po. Ma “Drought in Europe” contiene anche i dati delle Alpi svizzere: la situazione è simile a quella italiana.
Salvo precipitazioni davvero molto abbondanti nelle prossime settimane, le conseguenze di questa situazione sulle condizioni del Po si manifesteranno con il procedere della bella stagione.
L’acqua è vita e soprattutto è cibo. In Pianura Padana nasce circa un terzo dei prodotti agroalimentari italiani. Ben poco può crescere senza irrigazione: gran parte dell’acqua viene dal Po e dai suoi affluenti.
A partire dalla fine della primavera e fino all’estate piena, si preleva dal Po una quantità di acqua pari a circa la metà della sua portata media: lo si deuce da una tabella presente in un allegato del piano di bilancio idrico del fiume. A fronte di una portata del Po prevedibilmente ridotta al lumicino, un prelievo così cospicuo si avvicina a diventare materialmente impossibile, perfino a prescindere dalla necessità di lasciare acqua anche agli ecosistemi
Se l’acqua non c’è, neanche un’attenta e parsimoniosa gestione può procurare tutta quella che sarebbe necessaria.
In questo periodo dell’anno gli agricoltori devono prendere le decisioni relative alle colture estive, comprese quelle sulla semina del perennemente assetato mais. Da una minore necessità di irrigazione deriva una buona parte della possibilità di superare senza gravi o gravissimi traumi la crisi idrica che di nuovo si prospetta. Ma l’argomento sembra un tabù: nessuno ne vuol parlare.