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Giornalisti di Azione Fluviale nel bunker dei Predoni del Po

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di Andrea Dal Cero – foto di Francesco Nigro

L’avevamo scritto due giorni fa: “bisognerebbe saperne di più di questa Repubblica dei Predoni di Cavanella Po”. Poi altri articoli sono apparsi sui giornali polesani sullo stesso argomento, abbiamo letto di ronde armate notturne nel Padovano formate da volontari che hanno dato vita a un Comitato Difesa Acque (con tanto di profilo facebook), di minacciosi individui in tenuta mimetica e passamontagna a guardia degli accampamenti dei predoni, di paura diffusa e di vaste aree in cui la gente del posto non si azzarda più ad avvicinarsi al fiume.

Venerdì mattina, un po’ per curiosità e un po’ per dovere professionale, abbiamo deciso che era arrivato il momento di verificare la situazione di persona e siamo partiti di buon ora per raccontare attraverso il nostro giornale cosa sta succedendo davvero sulla Sinistra Po, là dove finisce il Ferrarese ed inizia la provincia di Rovigo.

Fin da Polesella guardiamo il fiume con inquietudine, in cerca di evidenze e segni della presenza dei bracconieri dell’Est. Passiamo Guarda Veneta, Crespino, Villanova Marchesana e Papozze. Entriamo nei paesi annusando l’aria, parliamo con qualche passante, ma nei bar si parla di sport e di paura non si avverte la minima traccia. Continuiamo fino a Bottrighe e, prima di arrivare a Cavanella, pensiamo bene di andare a sentire le voci ufficiali dell’amministrazione del territorio.

In comune ad Adria, in effetti, della questione si parla eccome, tanto è vero che al momento del nostro arrivo il sindaco è occupato con un’altra intervista. Mentre lo aspettiamo raccogliamo le impressioni dell’assessore Federico Simoni in quota Forza Italia, che ha le deleghe per la caccia e la pesca. “Non abbiamo il controllo della situazione – ammette Simoni – perchè il fenomeno è molto esteso e la polizia provinciale, anche con l’aiuto delle nostre forze comunali, non può farcela”. “E’ una questione di competenze e soprattutto di pericolosità che i nostri uomini non sono abituati ad affrontare. Dovremmo contattare Striscia la Notizia o Le Iene perchè se ne occupino loro”.

“Ma – domando – se questo è un problema ambientale ma anche di ordine pubblico e di sicurezza dei cittadini, non se ne dovrebbero occupare le forze dell’ordine?”

Credo sia arrivato il momento di un intervento interforze – si infervora Simoni – non possono esserci rimpalli di responsabilità in una situazione di questo genere”.

Chiediamo se ci sono state aggressioni, minacce, notizie di ritorsioni nei confronti della popolazione. “E’ più un problema legato alla popolazione rumena di stanza nel nostro comune, qui abbiamo un cantiere navale molto grande, e soprattutto ad altri gruppi che si occupano di pesca in maniera legale.”

“E le guardie armate in mimetica e passamontagna che difendono gli accampamenti?” domando.

Io quelle cose lì le ho lette sul giornale – indica la Voce di Rovigo – se ci fossero veramente sarebbe una cosa molto grave”.

Si libera il sindaco ed entriamo insieme nel suo ufficio. Massimo Barbujani, Bobo per i suoi concittadini, è da due anni alla guida del comune con una lista civica di centro-destra, nella vita è commerciante e adesso anche lui sente la crisi che dà non poche difficoltà ai suoi punti vendita.

Sono un paio d’anni che avvistiamo barchini strani, prima soprattutto in Po e adesso anche nei canali. Dapprima si parlava di pesca sportiva, ma poi alle canne si sono sostituite le reti ed altri sistemi illegali e la pesca diurna è diventata ad ogni effetto prevalentemente notturna e clandestina

“E’ corretto affermare che qui in questa fetta di Polesine la popolazione ha paura?”

Paura penso che sia una parola esagerata. Tutto sommato per adesso non abbiamo avuto grossi problemi. In una frazione di Cavanella Po c’è una grande attività: hanno costituito (i predoni, n.d.r.) una base per raccogliere il pescato e stoccarlo in attesa di spedirlo via camion al loro paese, sembra un bunker, anche se le forze dell’ordine hanno già effettuato qualche controllo, siamo preoccupati per lo stato di degrado del posto e la diffidenza dei nostri cittadini.”

“Cosa state facendo per risolvere il problema?”

Stiamo cercando di fare una rete di informazioni più completa possibile, stiamo monitorando gli arrivi nel nostro comune, abbiamo riscontrato e sanzionato abusi edilizi, la Asl ha emesso verbali a proposito delle modalità di conservazione del pescato. Ma queste persone hanno una regolare licenza di pesca professionale e hanno quindi anche il diritto di pescare e catturare il pesce.”

“Catturarlo in maniera legale e dove è consentito” aggiungo.

Se stesse a me ritirerei le licenze e dichiarerei tutta la zona riserva naturale, ma non posso farlo. Il guaio è che queste persone evitano i controlli, pescano di notte e lo fanno anche nei canali collettori, dove è invece severamente proibito. Andando avanti di questo passo spopoleranno i corsi d’acqua e il nostro pesce non ci sarà più”.

“Ma questi pescatori di frodo rumeni – domando – chi sono? Da dove vengono di preciso?”

Dicono che siano ex militari del Patto di Varsavia che hanno trovato una fonte di guadagno con questo sistema. Arrivano tutti dall’Est e sono intenzionati a spopolare il Po prima di andarsene

“Qui a Adria avete una grossa comunità di rumeni che lavorano ai cantieri navali – chiedo – che tipo di rapporto hanno con questi indesiderabili personaggi?”

Non lo so. A parte un episodio di intolleranza che abbiamo registrato, non sono in grado di dire in che rapporti siano gli uni con gli altri. Comunque state attenti ora che andate là a Cavanella – ci dice il sindaco Barbujani – in questi giorni sono particolarmente nervosi e la situazione potrebbe essere pericolosa.

E’ ora di pranzo e ci infiliamo nell’unico ristorante aperto di Cavanella. Borgo Fiorito, il quartier generale dei Predoni, è subito dietro di noi. Le tagliatelle sono buone, il proprietario è gentile, a lui non diciamo di essere giornalisti ma il discorso finisce ugualmente su quello che sembra essere diventato l’unico argomento di conversazione. Lui è dispiaciuto, arrabbiato per come i giornali hanno affrontato la questione. Si sente preso in mezzo e ha paura, giustamente, che i suoi affari ne risentano, che la gente eviti il posto, che i clienti optino per destinazioni più tranquille.

 

Prendiamo il caffè e ci infiliamo in auto dentro Borgo Fiorito seguendo la direzione indicata da cartello turistico proprio a fianco del ristorante. In effetti il posto è inquietante e non appena si entra si pensa subito come fare a uscirne. Le stradine tra le case sono praticamente a senso unico perchè ostacoli di varia natura impediscono inversioni di marcia o variazioni di percorso. Le finestre sono deserte come le strade ma ci si sente ugualmente osservati da occhi che non vediamo. Arriviamo fino alla costruzione che abbiamo già vista in tante fotografie ed è esattamente uguale a come ce la ricordiamo: protetta da una rete attraverso cui si intravedono un camper, un camioncino e quello che dovrebbe essere un grande frigorifero per conservare il pesce. Facciamo manovra e torniamo sui nostri passi: qui siamo troppo vicini per fare delle foto.

Usciamo senza che nessuno ci crei difficoltà e ci fermiamo a metà costa sull’argine: il ristorante a destra e Borgo Fiorito a sinistra. Un uomo esce da un container, telefona e ne arriva un altro, dopo un paio di minuti sono in cinque. Non c’è altro da vedere e niente da dire: regolari o irregolari che siano, occupanti abusivi o in possesso di un contratto d’affitto non importa: siamo in casa loro e gli stiamo facendo foto in maniera plateale. Meglio togliere le tende prima che l’esasperazione giochi un brutto scherzo. Comunque gente in divisa non ne abbiamo vista, niente guardie armate, niente mimetiche e passamontagna, niente appostamenti nei cespugli, come è stato scritto. Forse qualcuno ha esagerato.

A pochi chilometri di lì, troviamo nel porticciolo di Porto Viro i loro colleghi “legali” che hanno fatto della pesca al siluro un sistema di vita e una ragione sociale. Anche qui non c’è nessuno in giro ma si vede che hanno una bella organizzazione: barche attrezzate, attracchi sicuri, uffici in porto, cartelli multilingui in cui si spiega chiaramente che la loro pesca è NO KILL, alla faccia della legge che prevede l’abbattimento obbligatorio dei siluri pescati.

 

 

Probabilmente sono loro ad essere maggiormente danneggiati dai predoni e sono loro quella parte di popolazione rumena sul territorio a cui l’amministrazione di Adria pensa quando parla di aggressioni, minacce e ritorsioni.

 

 

Fin qui la cronaca. Altro discorso è la logica.

Enormi falle tra regolamenti comunali, provinciali e regionali rendono la materia di difficile gestione e risolvibilità, interessi contrapposti tra gruppi di pescatori amatoriali e professionali ingarbugliano la matassa, lacune legislative e interessi dei partiti per le prossime elezioni regionali fanno il resto.

Comunque, dopo aver visto il bunker di Cavanella Po, tornano alla mente le parole del Manzoni nei Promessi Sposi, là dove un monatto dice a Renzo: “Va’, va’, povero untorello, non sarai tu quello che spianti Milano.” Così questi predoni venuti dall’Est sarà ben difficile che, con tutta la loro tracotanza e i loro metodi illegali di pesca, riescano a svuotare il Po.