
di Luigi Griva
Il romanzo

Il libro più celebre, ambientato sul Po, è senza dubbio “Il mulino del Po” del bolognese Riccardo Bacchelli (1891 – 1985), uno dei romanzi storici più importanti del ’900. La vicenda, che si svolge in un ampio spazio temporale (tra la rovinosa ritirata di Russia del 1812 e la battaglia del Piave, 1917) è ambientata in un periodo di grandi trasformazioni politiche e sociali, viste da un’angolazione famigliare.
Gli Scacerni sono molinari del Po; il loro molino natante, San Giovanni, è appiardato, ancorato tra Ro e Guardia Ferrarese, quindi – nella geografia padana di inizio ottocento – nelle Legazioni pontificie.
La storia è originariamente pubblicata a puntate, sulla Nuova Antologia; riunita in tre volumi, esce presso l’editore Treves di Milano: Dio ti salvi, 1938, La miseria viene in barca, 1939, e Mondo vecchio sempre nuovo del 1940. Bompiani la ripubblicherà nel dopoguerra.
L’occasione della ricerca storica che è alla base del romanzo è un argomento di cronaca che fa notizia negli anni ’30: la demolizione dell’ultimo molino natante nel tratto urbano di Verona, voluta dall’Ingegnere capo del Genio Civile, nonostante l’opposizione del Consiglio Supremo di Antichità e Belle Arti, e il regio decreto del dicembre 1930 che proibisce la costruzione di nuovi molini, e il rifacimento dei vecchi. La motivazione è che i natanti sarebbero stati di ostacolo alla libera navigazione.
Bacchelli si rende conto che, con i molinari, finisce un’era, e decide di fermare nel tempo la memoria di quell’aspetto della civiltà fluviale con un romanzo storico-etnografico.
Comincia perciò a documentarsi, facendo parlare i testimoni di quella epopea: incontra vari proprietari come Ernani Pavani di Garofalo, Edmondo Bariani di Melara di Rovigo, il senatore Arlotti, raccoglitore di notizie e di immagini. Fa in tempo ancora a vedere il molino Merlotti di Melara, con l’invocazione “Dio ti salvi” e rombi verticali in colore. Per la parte storica, si documenta grazie a Carlo Zaghi, che lo introduce presso gli Archivi e Biblioteche del territorio.
Regione di confine tra lo Stato della Chiesa e la Repubblica di Venezia, la fascia intorno al fiume è terra di contrabbandieri, di pescatori di frodo, di fuorusciti, oltre che di onesti pescatori, molinari, traghettatori, navaroli e renaioli: un microcosmo politico e sociale che rappresenta bene l’Italia di quegli anni.
Come etnologo, Bacchelli anticipa di quarant’anni la grande stagione della ricerca fluviale padana, con Marco Bonino, Giovanni Beggio, Francesco Vallerani, Pier Giovanni Zanetti, Giovanni Caniato, che avrebbe preparato e favorito l’attuale formarsi di una maggiore sensibilità della gente padana alle proprie radici fluviali.
La trama del romanzo
Lazzaro Scacerni, soldato italiano arruolato nell’esercito napoleonico, nel corso della ritirata di Russia nell’inverno del 1812 salva da affogamento un ufficiale, prete spretato diventato giacobino. L’ufficiale gli rivela – in punto di morte – l’esistenza di un tesoretto nascosto di gioielli, provenienti da un furto sacrilego. Lazzaro recupera le pietre preziose, e con il ricavato acquista un molino fluviale, che battezza San Giovanni ed ancora a Guardia Ferrarese, che gli permette di guadagnare da vivere facendo il mugnaio.
Si sposa con Dosolina, una contadina, ha un figlio, Giuseppe, e durante una inondazione, rischia di perdere il molino; in questo frangente ha un incidente ad una gamba, rimanendo zoppo.
In occasione di una nuova piena, nel 1839, Lazzaro e i suoi aiutanti riescono a salvare un altro molino che sta andando alla deriva, portato via dalla corrente dopo aver rotto gli ormeggi. Su questo natante, il Paneperso, si trova una ragazza, Cecilia, che Lazzaro adotta come una figlia. La notte del 18 dicembre 1848 i molinari assistono dal fiume ad una eccezionale aurora boreale che, secondo la superstizione popolare, annuncia tempi grami.
Di generazione in generazione, si susseguono altri Scacerni, altri molini, che vengono ricostruiti via via che l’usura non li rende più atti al lavoro, ed altri drammi famigliari. Costante, rimane la testardaggine contadina della famiglia nel combattere col fiume e cogli uomini, nel ricostruire i danni, nel fare fronte comune.