
di Andrea Dal Cero
Dei gemelli Dino e Dario Ferrari ha parlato tutta Italia: la scorsa settimana hanno pescato in Po un siluro di 2,67 metri che pesava quasi 130 chili. La notizia ha fatto il giro del web, ne hanno parlato i giornali, le televisioni e la notizia non si è fermata ai confini nazionali. Dino è stato infatti intervistato da una squadra esterna della Cnn che pare abbia mandato in diretta negli USA una sua ricostruzione della incredibile cattura.
Ma il siluro pescato, chiederete voi, che fine ha fatto? Come in quasi tutti i casi di pesca finalizzata alla cattura del mastodontico pesce, l’esagerato siluro è stato prima fotografato in tutte le posizioni possibili, poi misurato, quindi pesato, e infine riaccompagnato affettuosamente nell’acqua del fiume.
Sembra sia una pratica consolidata quella di pescare i siluri e rituffarli nell’acqua dalla quale sono stati con tanta fatica estratti a forza di braccia e lavoro di mulinello. D’altra parte uno cosa se ne fa di un animalone di quel genere dopo che l’ha pescato? Riesce, dopo mille peripezie, a portarlo a casa e lo fa vedere alla moglie che scappa in preda al panico. Oppure cerca di mettersi in contatto con i famosi Lipoveni che così lo portano oltreconfine e lo vendono a una clientela tutta loro. Altrimenti può sempre gettarlo in un cestino dei rifiuti, regalarlo a un gatto particolarmente vorace, sostenere che è un alieno venuto da mondi sconosciuti e pretendere un premio dall’Area 51, e non mi viene in mente altro…
Sta di fatto che i pescatori di siluri, un po’ perchè vogliono bene ai pesci grandi e un po’ per i motivi di cui si parlava prima, sono abituati a liberare le loro prede in buona salute. Lo fanno regolarmente, ma il loro operato è illegale perchè è in violazione dell’articolo 3, comma 9, del regolamento regionale della pesca. Il quale recita più o meno che chiunque peschi un siluro è obbligato a sopprimerlo e a smaltirne poi la carcassa secondo i modi indicati dalla legge in materia, che penso prevedano segnalazioni obbligatorie, trasporto e stoccaggio della carcassa e infine la sua distruzione in apposite discariche o equipollenti inceneritori.
Ora, i fratelli Ferrari, non solo hanno compiuto ufficialmente un misfatto, ma sono anche andati a raccontarlo a tutti. Anche agli americani, che di avventure di pescigatto se ne intendono abbastanza.
Inevitabile a questo punto la sanzione, che fortunatamente non è proporzionale al peso dell’animale pescato, che si è abbattuta sul povero Dino che è stato costretto a pagare una multa di 50 euro.
A questo punto si impone una riflessione. Se i siluri, stando a quanto previsto dei regolamenti, sono pericolosi per il nostro ambiente in quanto razza killer alloctona che divora tutti i poveri autoctoni, cosa deve fare il cittadino pescatore nel caso al suo amo si attacchi proprio uno di questi impresentabili bestioni? Chi lo pesca diviene proprietario del pesce e deve essere un bel problema ritrovarsi poi sull’argine un’animale rantolante grosso come una motocicletta col sidecar senza sapere né cosa farne né dove metterlo. A parte il trasporto, che deve comunque essere un’avventura rocambolesca, la spesa per lo smaltimento di una massa organica di quel genere supera tranquillamente i 1000 euro e se il pesce comincia a puzzare costa ancora di più perchè diventa un rifiuto speciale.
Dal momento che qui in Italia il siluro non se lo mangia nessuno (o quasi), che a detta dell’ufficialità rappresenta un pericolo per l’ambiente, che non si è ancora capito a cosa serva e che non mi risultano chiare le posizioni di quanti vorrebbero eliminarlo dalle nostre acque e di quanti altri vorrebbero invece difenderlo, mi chiedo quando e come le autorità preposte riusciranno a pensare qualcosa di valido, intelligente e praticabile in materia di pesce siluro.