
di Maria Ferdinanda Piva
Già l’avevo accennato quando scrissi la prima volta della “terra che ribolle” in Emilia e Lombardia, adesso è ufficiale: i terremoti dell’anno scorso (foto) hanno liberato dal sottosuolo della Bassa padana una grande quantità di metano. Lo ha rivelato ieri la Gazzetta di Modena, citando una ricerca ancora “embrionale” dell’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia).
Dato che la Pianura Padana è piena di stoccaggi di gas, la Gazzetta di Modena domanda (giustamente) se non sarebbe il caso di riaprire il dibattito sulla presunta impermeabilità del sottosuolo e sulla sicurezza di questi stoccaggi. Io mi domando anche un’altra cosa: e l’anidride carbonica stoccata a Cortemaggiore?
Si parla molto, ultimamente, della Pianura Padana sforacchiata come un groviera dalle trivellazioni per estrarre idrocarburi e farcita di gas metano acquistato in estate, quando i prezzi di mercato sono favorevoli, per rivenderlo a prezzi più alti in inverno. Si tende però a dimenticare il sito di Cortemaggiore (Piacenza), dove viene immagazzinata nel sottosuolo l’anidride carbonica (il principale gas dell’effetto serra) proveniente dalla centrale termoelettrica a carbone di Brindisi.
Lo stoccaggio dell’anidride carbonica (noto anche con la siglia Ccs), secondo l’accademia delle Scienze Usa, è addirittura più pericoloso del fracking dal punto di vista della sismicità indotta. E poi, in caso di fuga, l’anidride carbonica è un gas letale e tende a ristagnare in prossimità del suolo.
Gli stoccaggi di gas situati in prossimità degli epicentri dei terremoti emiliani, l’anno scorso, hanno tenuto e non hanno causato problemi. Cortemaggiore è un po’ più ad Ovest e anche il suo stoccaggio di anidride carbonica ha brillantemente superato questo, diciamo, collaudo sismico: ma se dopo il terremoto il sottosuolo ha rilasciato metano, se il sottosuolo non è così ermetico come si credeva, è il caso di continuare a rischiare?
Sono in corso esami per determinare la profondità da cui il metano si è liberato (potrebbe anche venire dalla decomposizione di sostanze organiche situate a poche decine di metri dalla superficie) ma, scrive la Gazzetta di Modena,
l’impressione – provvisoria – è che per i tecnici oggi al lavoro la tesi di una risalita dalle profondità non sia affatto amena. (…) E’ di ieri la notizia che i depositi italiani esistenti [di gas] sono pieni al 44%, ben al di sotto dell’85% dello scorso anno. Motivo: la crisi economica, l’autonomia statunitense e l’avanzamento delle energie rinnovabili ha fatto crollare il prezzo del gas, e reso non convenienti o superflue le speculazioni sull’acquisto estivo. Una situazione che interessa e preoccupa il Governo, tanto che il ministro competente dell’economia, Flavio Zanonato, ha convocato una riunione tecnica a Roma
Notare. La riunione non è per valutare se, alla luce della recente scoperta, gli stoccaggi sono ancora da considerare sicuri. La riunione è stata convocata per trovare il modo di rilanciare e di riempire gli stoccaggi. Questo è il Paese del Sole, ma gli ultimi Governi hanno due cose in comune: i tagli alle rinnovabili e la fissa di trasformare l’Italia in un hub (leggi: supermercato) del gas.