
di Gabriella Baldini
Fare i cicloturisti sul Po è un’avventura per iniziati ed appassionati di bricolage. I percorsi, le informazioni sui punti di ristoro, pernottamento e l’assistenza lungo l’itinerario sono conosciuti da pochi intimi che se li sono cercati, li hanno provati e tramandati per via orale. Per trovare qualche informazione utile su internet navigando nei tanti siti dedicati al Po, o che al fiume rimandano, si rischia di passare più tempo davanti al computer che in sella alla bici per arrivare al Delta, partendo dalla sorgente. Senza arrivare a sognare un comparatore, al Kayak o al Trivago del Po, basterebbe che le province, i comuni e i diversi attori che a vario titolo hanno le competenze sul grande fiume, dal Piemonte all’Adriatico, e quelli che con il fiume ci campano, o vorrebbero farlo, come ristoranti, osterie, venditori di esche e canne da pesca, noleggiatori di bici e barche, guide turistiche e naturalistiche, in nome dell’interesse comune – portare un sacco di cicloturisti sull’asta del Po e tenerceli per qualche giorno – cominciassero a “fare insieme ”. Fare cosa? Ci sono due cose cui mettere mano e una da escludere subito: basta studi, analisi, convegni e seminari per cianciare di “territorio”, di valorizzazione, di recuperi e riusi ecologici, perché sono cose che abbiamo sentito decine di volte, le sappiamo a memoria, ne sono state organizzate a dozzine, costano soldi e tempo e non hanno portato un solo turista in più nei posti che ci interessano. Da fare perciò ne restano due: la prima, pensare al cicloturista e alle sue necessità più che alla pista ciclabile, la seconda costruire una cabina di regia che segua ciò che viene fatto e sappia dire immediatamente come proseguire il lavoro.