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Storia della fabbricazione di barche da Po (parte 2)

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… l’equipaggio, l’organizzazione degli spazi, le dotazioni di bordo … le tipologie di barche

(per la parte 1 di questa articolo vai su parte 1)

L’abilità di condurre l’imbarcazione si acquistava attraverso anni d’esperienza. Non esisteva nessuna scuola nautica, e le necessarie tecniche di navigazione erano trasmesse oralmente da una generazione all’altra. L’equipaggio sulle barche commerciali era costituito di solito da cinque persone, generalmente due ragazzini e tre adulti; al livello più basso si trovava di solito un ragazzino sui dieci – dodici anni, denominato (mozzo piccolo) che come funzione aveva quella di fare le pulizie; mentre il (mozzo grande) ragazzo sui 18 – 20 anni, era fisso al timone e aiutava l’equipaggio nelle manovre più impegnative, alle manovre di bordo, alla navigazione, alla sorveglianza durante le operazioni di carico e scarico, e alla piccola manutenzione della barca.

Molti mozzi erano figli di barcaioli che s’imbarcavano su altre barche per fare esperienza. Il capo barca, che poteva anche non essere il proprietario, era il comandante e responsabile, e si arrivava a questo titolo dopo molti anni di navigazione e di conoscenza dei fiumi. Aveva la responsabilità della conduzione della barca, decideva la rotta da seguire, impartiva gli ordini per le manovre. Gli spazi a disposizione dell’equipaggio erano situati a poppa, e costituivano il luogo di ristoro e riposo notturno, nel Bucintoro, nella Gabarra, e nel Burchio, era a disposizione dell’equipaggio anche lo spazio fra le due stive, comunemente detto: “vano della mezzeria”. Di solito si trovavano quattro cuccette, i giacigli erano formati di foglie disseccate o di paglia, successivamente anche di foglie di granturco. I pagliericci arrotolati e legati erano appesi al soffitto, questo per mantenerli ventilati e asciutti. Contro la paratia poppiera si trovava un braciere, che serviva per riscaldare il piccolo ambiente, e per cucinare. Sul soffitto erano appesi diversi attrezzi.

A metà scafo trovavano posto quattro remi lunghi di circa sei metri, più altri più piccoli, una fiocina e un rampone, alcuni secchi di legno per il cavallo, e per gli uomini, due o tre pale di legno (sessole) servivano per liberare la barca dall’acqua, e tavolati di legno per lo sbarco ed il carico della merce. Una volta all’anno si eseguiva la normale manutenzione, allora si alava in secco lo scafo e si procedeva al rinnovo della stoppa, le riparazioni minori si eseguivano anche in navigazione. In caso d’affondamento in seguito a collisioni, avarie, o se la barca doveva essere abbandonata in qualche parte del fiume, il barcaiolo con un atto detto: “di abbandono” doveva segnalare alle autorità competenti il luogo esatto dell’abbandono.

Le principali “barche” che solcarono i nostri fiumi padani furono:

Barbottina

Piccola imbarcazione adibita per la pesca, o per il trasporto di modeste quantità di materiali, specialmente legna.

Barcè

Era il battello più diffuso nel tratto del Po tra il Monferrato e il Ticino, usato per la piccola navigazione. In particolare sul Ticino era usato per la raccolta dei Cogoli (ciottoli quarzosi destinati alle industrie del vetro di Venezia).

Barbòta

Barca particolarmente rappresentativa dei modelli tra il Ticino ed il Po.

Barcone

Barca a fondo piatto con paranchi e gru, a rimorchio nei porti per il carico e lo scarico delle navi. In passato usato dalla Regia Marina per il trasporto di materiali, munizioni e viveri all’interno degli Arsenali

Battello

Tipo d’imbarcazione da trasporto con poppa e prua di forme arrotondate, dalla punta alta e leggermente arricciata, con una portata di 6-7 q, mentre il battello usato per la caccia, era armato di solito con una spingarda.

Battellino

Distinto in maschio o femmina, secondo la conformazione della prua, più massiccia o più sfilata, con una portata di 6-7 q.li.

Bucintoro

Era una barca da fiume tipica dell’area veneta con prua simile a quella della Rascona, e la poppa leggermente piegata verso l’interno, dotata di una capacità di carico da 300 a 2.000 q. La sua forma ricordava il famoso Bucintoro di Venezia.

Burchiello

Era una navicella piccola, leggera e veloce, un’imbarcazione tipicamente fluviale, che veniva utilizzata per trasporto di merci. Venne in seguito utilizzata principalmente dai nobili veneziani per recarsi nei loro possedimenti di terraferma. Trasformata con un’elegante cabina dotata di tre o quattro balconi, finemente decorata e ornata di specchi, pitture e preziosi intagli. Dopo il 1797, con la caduta della Repubblica di Venezia e il conseguente declino del patriziato veneziano, i burchielli caddero in disuso.

Tipo d’imbarcazione da trasporto più antica dei Navigli, trasportava di tutto, ma divenne famosa per i suoi carichi di marmo usati per l’Opera del Duomo di Milano.

Burchio o Burcio, come si dice in laguna a Venezia.

E stata la più grossa imbarcazione da carico fluviale e lagunare, lunga fino 30 metri, caratterizzata dalla mancanza dell’asta di prua, con il fondo che saliva rapidamente unendosi a prisma con i fianchi. Ricordata anche da Dante (1265-1321) nella sua commedia: “Come talvolta stanno a riva i burchi, che parte sono in acqua e parte in terra” Inferno canto XVII vv.21-22. Antonio di Puccio Pisano, meglio conosciuto come Pisanello (1395-1455), lo raffigura in un affresco nella chiesa di S. Anastasia a Verona (1340), e Jacopo de’ Barbari (1460/70-1516), nella grande xilografia con la veduta di Venezia, datato 1500 circa.

Era dotato di remi e due alberi con vele al terzo, la maggiore armata a prua. L’accesso alle grandi stive era garantito da un ampio boccaporto centrale. Manovrato da un timone situato al centro della poppa, riceveva la spinta propulsiva dalle sue vele situate sui due alberi, uno a prua e uno a poppa, con velatura al terzo. Sempre legato al Burchio come un cucciolo che segue la madre, era il battello una piccola imbarcazione di circa 6-7 metri indispensabile alla navigazione. Oltre a permettere di raggiungere terra quando il fondale impediva al Burchio di accostarsi alla riva, era usato per portare i cavi di ormeggio e per molti altri servizi. Oggi i pochi burchi rimasti, sono adibiti a zatteroni per la pesca sportiva o attrezzati a ristoranti galleggianti.

Caorlina

Maneggevole e con una spiccata capacità di carico (dai 30 ai 60 quintali), nelle sue varie varianti costruttive era adibita alla pesca lagunare, al trasporto di frutta e verdura dalle isole ai mercati cittadini, al trasporto di materiali inerti.

Comaccina

Simile al Burchio aveva la prua munita di asta, una struttura larga in coperta e stretta nel fondo con bande molto inclinate. Adatta alla navigazione anche in stretti canali. Il suo nome potrebbe risalire all’Alto Medioevo quando l’attività dei “natutae comacchiesi” era estesa anche sui fiumi della Pianura Padana

Gabarra

Barca o pontone di alleggio a fondo piatto per carico e scarico, molto simile al Burchio.

Magàna

In origine questa barca come nella Rascona, era dotata di due timoni laterali, armata con un albero verso prua che portava una vela al terzo. La sua capacità di carico era elevata.

Magàno

Tipo d’imbarcazione usato nella regione medio padana. Variante della Rascona, portava fino 900 q.li di merce.

Mutera

Natante intermedio per misura fra la nave e la barca, con poppa a ritto come le barche, ma munito di un timone laterale come le navi,; questo tipo di grossa barca portavano decine di quintali di merce.

Padovana

Di chiara origine della città veneta, era caratterizzata dalla poppa e prua di forme tondeggiante quasi uguali tra loro, questo permetteva d’invertire la rotta senza essere costretti a far girare l’imbarcazione.

Pescantina

Barca simile al Burchio con prua e poppa arrotondate e volte all’insù. Era usata per il trasporto di merci piuttosto voluminosi e pesanti.

Rascona

Era una grande imbarcazione fluvio-lagunare a fondo piatto chiamata anche “nave di Pavia”. Questa imbarcazione ha un’origine medievale, diffusa fino ai primi decenni del Novecento lungo tutta l’asta del fiume Po e nell’arco lagunare alto-adriatico, da Venezia a Trieste. Era un’imbarcazione leggera e maneggevole e per il suo scarso pescaggio poteva spingersi fino a Milano navigando lungo i navigli. In questo tipo di imbarcazione la poppa e la prua erano slanciate verso l’alto quasi uguali l’una all’altra. A poppa vi era la cabina, dal tetto circolare, per l’equipaggio, mentre la lunga stiva era protetta da una copertura formato da stuoie e tele incerate, distese su una struttura lignea mobile. Lo scafo era mezzaluna, dotato di due timoni laterali chiamati (zanche), lunghi 6 e 10 metri (il sinistro, più grande). Armava anche uno o due alberi abbattibili per passare sotto i ponti, con vele latine (in epoca medievale) o al terzo (in epoca moderna).

Sandolo

Barca di poco pescaggio, adoperata per il trasporto di merci e persone, soprattutto nei bassi fondali. Il nome Sandolo è di origine bizantina.

Sandone

Erano le imbarcazioni che sorreggevano i mulini natanti, ovvero delle grosse “casse” costruiti con robusti tavoloni di legno di quercia di 20 cm di spessore.

Trabaccolo

Imbarcazione a due alberi con vela al terzo usata soprattutto in Adriatico per il traffico costiero e la pesca, ma anche nella navigazione interna.